La bit-tax: un nuovo ostacolo per il commercio elettronico?

di Andrea Monti – PC Professionale n. 89

Uno degli incubi che popolava i (brevi) sonni dei telematici di qualche anno fa era la temutissima bit-tax, ovvero l’ennesimo balzello imposto questa volta al traffico generato dai modem.

In più occasione l’ingenuità e l’isteria collettiva che caratterizzavano la Rete amatoriale hanno fatto sì che leggende urbane su imminenti modelli 740 digitali rimbalzassero da un capo all’altro dell’Italia, per rivelarsi poi sistematicamente fallaci; da qualche tempo però – con l’avvento di Internet – qualcisa comincia a cambiare.

Sul sito del Ministero delle Finanze, ad esempio, quasi inosservato ha fatto capolino la traduzione italiana di un articolo sul problema della tassazione delle attività svolte in Rete, mentre da Bruxelles arrivano segnali in questo senso.

In mezzo a tutta questa confusione la prima domanda che viene da porsi è:tassare, va bene, ma cosa?

Risposte: non le telefonate (che sono già tassate); non l’abbonamento con il provider (idem con patate) non l’acquisto di beni (tassato pure lui, quando i beni arrivano in dogana) dobbiamo concludere – applicando la nota regola secondo la quale una volta escluso l’impossibile, ciò che resta per quanto improbabile deve essere la verità – che l’attenzione del fisco si diriga al traffico generato (come succedeva già con ITAPAC) o alla semplice transazione

Emerge ancora una volta l’enorme confusione concettuale che domina chi deve occuparsi della Rete: ancora una volta ci si concentra sul mezzo perdendo di vista l’obiettivo finale che è lo sviluppo di nuove forme di comunicazione anche commerciale. Dal punto di vista pratico, ambedue le soluzioni ipotizzate, ove si decidesse di applicarle, scatenerebbero degli effetti collaterali facilmente prevedibili.

Tassare il traffico… ciò significherebbe drastica ed irrimediabile scomparsa del mercato consumer, cioè di quell’utenza che non utilizza la Rete per ragioni professionali e che – sperando che un giorno lo e-business diventi realtà – potrebbe costituire una vera e propria “massa critica”, il tutto a vantaggio degli utenti professionali che poi girerebbero i maggiori costi sulla propria clientela ma sicuramente a detrimento dell’intero sistema.

Tassare la transazione… a parte l’idiozia di un’idea del genere, basterebbe, ad evitare la decima, usare la rete solo per individuare il bene da acquistare e poi concludere l’affare tramite fax o a voce… fatta la legge trovato l’inganno?

Concepire un sistema impositivo che affligga le transazioni on line mi fa pensare a quei sovrani occidentali che pur di continuare ad avere uova di struzzo sulle proprie tavole o di mantenere una corte di nobili perdigiorno aumentavano sistematicamente le tasse sulla popolazione non preoccupandosi delle conseguenze di una politica fiscale così sofisticata.

Ma i rischi per lo e-business non arrivano soltanto da queste alzate d’ingegno: un comunicato ANSA del 18 giugno scorso (http://www.ansa.it/settori/internet/19980618154024019.html) riporta in virgolettato una dichiarazione di un funzionario della Poltel (la struttura che si occupa di criminalità informatica) che sa letteralmente dell’incredibile: ”L’ unico commercio che la rete Internet ha fatto decollare finora – ha detto oggi Ascensi nel corso di un seminario per ‘una rete a misura di bambino’ organizzato dall’ Arci e da Ecpat – e’ quello di materiale pedopornografico”.

Affermazioni lasciate cadere così disinvoltamente (e che rivelano una singolare ignoranza sull’argomento) sono quanto di più deleterio possa capitare ad un settore che sta vivendo momenti di forte drammaticità (il timido inizio di un’effettiva concorrenza nei servizi di telecomunicazioni, la crescita del numero degli utenti). Se da un lato gli addetti ai lavori non prenderanno sul serio queste dichiarazioni, il rischio concreto è che lo facciano giornalisti (disinformati o in malafede) o addirittura politici con il conseguente innesco di una paura ingiustificata nel pubblico che continuerà a credere di essere di fronte ad uno strumento del diavolo piuttosto che ad utile mezzo di lavoro e divertimento.

Se invece della realtà vivessimo nel mondo creato da “Il pendolo di Foucault” potremmo veramente cominciare a scorgere le prime tracce di un Piano volto a stroncare ogni tentativo di far sviluppare impieghi utili della Rete, ricorrendo alle tasse, alla disinformazione, alla demagogia.

Purtroppo la vita reale è molto meno romanzata e una probabile spiegazione a tutto questo si riassume in una sola parola: stupidità; e Dio sa quali danni sia capace di provocare uno stupido… specie quando ha un po’ di potere per le mani.

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