Decreto competitività: sanzioni in nome del diritto d’autore

di Andrea Monti – PC Professionale n. 175

I più colpiti sono i siti di aste che devono controllare la legittima provenienza dei beni. E chi acquista deve verificare se la merce è contraffatta

La legge 14 maggio 2005, n. 80 (www.senato.it/parlam/leggi/05080l.htm), che converte il “decreto sulla competitività” contiene un gran numero di interventi normativi sugli argomenti più disparati, dalla riforma del processo civile al rafforzamento del sistema doganale e via discorrendo, tutti uniti – almeno sulla carta – dal comune obiettivo di ridurre l’incidenza dei fattori frenanti sullo sviluppo della competitività del Sistema paese.

Ma con la scusa di eliminare “lacci e lacciuoli”, questa legge estende surrettiziamente la tutela per le major dell’audiovisivo stabilendo pesanti e inaccettabili responsabilità per gli operatori di e-commerce, in particolare per i sistemi tipo eBay, e per i loro clienti che acquistano opere protette dal diritto d’autore. La norma incriminata è l’articolo 7, secondo cui: “Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti e in materia di proprietà intellettuale.

La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza. In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al presente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70”. In sintesi, dunque, tutti gli “operatori dell’usato” (dal provider che gestisce le transazioni all’acquirente e al venditore) devono controllare preventivamente, per legge, la legittima provenienza dell’oggetto della vendita.

In particolare, chi acquista deve accertare preventivamente la “condizione giuridica di chi vende”. Questo significa che esiste un obbligo di verificare se il “fornitore”, sia esso un negozio on line o un privato che vende tramite servizi di “aste” on line, abbia tutti i requisiti per procedere alla vendita. Analogo obbligo riguarda il dovere di verificare se la cosa posta in vendita sia contraffatta o meno. Oltre alla sanzione di 10.000 Euro, inoltre, il bene venduto è soggetto a confisca da parte dello Stato. Ma attenzione: tutto questo vale, guarda caso, solo ed esclusivamente se stiamo parlando di violazione delle norme in materia di proprietà intellettuale. Come è facile intuire, l’applicazione di questa norma alle transazioni on line è potenzialmente in grado di provocare danni irreparabili allo sviluppo del commercio elettronico in Italia.

Se è vero che il provider non è direttamente responsabile di eventuali illeciti (perché “coperto” dalla specifica esenzione del DLGV 70/2003) è anche vero che l’utente rimane praticamente senza tutela. Egli infatti – a differenza degli acquisti di prodotti nuovi – non ha realmente modo di adempiere agli obblighi di legge e dunque si troverà esposto, per ogni acquisto, al rischio di sanzioni pesanti. E qui torna in gioco il ruolo dell’e-commerce provider, l’unico a poter strutturare una “rete di protezione” a tutela del reciproco e comune interesse (agevolare le compravendite, evitare frodi). Certo, “proteggere” gli utenti non è un obbligo di legge, ma è ovvio che nessuno utilizzerebbe un servizio sapendo di correre rischi ingiustificati. Dunque, al di là della legge, la tutela degli utenti è una necessità commerciale dei provider.

Questa è la scelta compiuta da eBay, come spiega Marco Pancini, legal manager di eBay Italia, secondo il quale “Il navigatore, esposto alla ‘repressione’ (la confusione fra illeciti amministrativi e penali presente nelle nuove norme della legge 80 è effettivamente inquietante) e all’attività ingannevole di chi promuove oggetti contraffatti come originali è portato a vivere con ancora maggior sospetto l’attività di acquisto su Internet. È nostra responsabilità, come operatori di commercio elettronico, creare un ambiente sicuro in cui potere fare acquisti in piena tranquillità, ma in quest’opera dobbiamo essere aiutati da chi scrive le leggi e da chi queste leggi deve applicarle.

L’elemento fondamentale è l’informazione. Fornire a chi utilizza i servizi internet gli strumenti per compiere acquisti in modo consapevole, in presenza di tutti gli elementi per scegliere e distinguere i prodotti originali, senza, allo stesso tempo, toccare i diritti costituzionali garantiti, non può essere considerato solo un auspicio, ma deve essere un obbligo per tutti gli attori del sistema”. Nello stesso tempo, però, rileva Pancini, “l’obiettivo dovrebbe essere giungere ad un quadro regolamentare che non lasci spazio a dubbi di alcun genere, superando il sistema attuale, improntato sui rapporti ‘personali’ fra gli operatori del settore e le Forze dell’Ordine per colmare le vaghezze della legge sul commercio elettronico.

Il rispetto di procedure operative scritte, chiare e condivise, potrebbe anche in questo campo essere il punto di contatto fra l’esigenza di speditezza ed efficacia delle indagini e i diritti degli indagati.”In altri termini, non bastano leggi chiare per creare un mercato sicuro “a misura di utente”.

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