Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Piemonte Sent. n.1856/03

Mancata osservanza delle procedure di sicurezza nell’uso del personal computer – Responsabilità erariale del dipendente per i danni derivanti dalla negligenza – Sussiste
Utilizzo a scopo personale del collegamento all’internet dell’ente – Responsabilità del dipendente – Sussiste

CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE
Presidente: F. De Filippis – Relatore: T. Parisi
Sentenza n.1856/2003
FATTO
*****
In data 8 gennaio 2002, perveniva presso la Procura Regionale di questa Corte per la Regione Piemonte denuncia da parte del Comune di Arona, in merito all’asserita condotta trasgressiva serbata dall’odierno convenuto, all’epoca dei fatti in servizio nel citato Ente locale in qualità di Dirigente del 1° Settore “Gestione e sviluppo risorse”.
Per quanto concerne la dinamica degli avvenimenti, giova evidenziare che, secondo quanto riferito nella menzionata segnalazione di danno, il Centro di elaborazione dati del Comune in parola aveva appurato, già da qualche tempo, che la rete informatica era stata oggetto di incursioni di virus provenienti da collegamenti internet su siti non istituzionali.
Le registrazioni disponibili consentivano di individuare non soltanto la postazione lavorativa incriminata, quella del Dr. R.M., ma anche il dettaglio di tutti gli accessi ad internet nel periodo compreso tra l’1.06.2001 ed il 30.11.2001, con approfondita e specifica descrizione del tipo di sito visitato; i dati elaborati indicavano che il funzionario in narrativa si sarebbe collegato, ripetutamente e con sistematicità, a siti non istituzionali.
La verifica in argomento veniva ulteriormente approfondita nelle competenti sedi giudiziarie con il sequestro, operato dal Comando Carabinieri di Arona in data 3 dicembre 2002, del seguente materiale:
– contratto stipulato tra il Comune di Arona e la Società Telecom per l’utilizzo della rete internet- INTERCOM;
– copia dell’ultima bolletta telefonica relativa al 6° bimestre 2001, inerente al traffico dall’1.08. 2001 al 30.09.2001;
– riepilogo mensile delle giornate di presenza ed orari di entrata ed uscita dal posto di lavoro dell’odierno convenuto, attinente ai mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, settembre ed ottobre 2001;
– prospetto a campione del 13.11.2001, con l’indicazione dei collegamenti effettuati alla rete dal nominato R.M..
In data 17 dicembre 2002 l’Ufficio personale del Comune di Arona, competente per i provvedimenti disciplinari, comunicava al Sindaco di avere aperto istruttoria e di aver dato avvio al procedimento disciplinare nei confronti del presunto responsabile; il predetto Ufficio inviava successivamente all’interessato, di concerto con il Sindaco, contestazione di addebito ai sensi del CCNL relativo ai Dirigenti Enti locali del 10.04.1996, con contestuale sospensione dal servizio.
In tale ottica, non è superfluo precisare che le contestazioni elevate all’odierno convenuto nell’ambito del menzionato procedimento disciplinare, si richiamano ai risultati delle rilevazioni svolte dal CED dell’Ente locale, le quali portano a quantificare il tempo utilizzato per navigare sui siti non istituzionali in circa due ore e mezza per ciascun giorno, periodo che raffrontato con la presenza media in servizio del Dr. R.M. di circa 36-37 ore settimanali, al netto delle pause pasto, rappresenta una quota di incidenza oraria superiore al 30%; l’entità del danno patrimoniale veniva conseguentemente stimata dall’Amministrazione, con calcolo di natura forfetaria, in Euro 13.427,88.
In data 24 luglio 2002 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verbania adottava richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’odierno convenuto, per i fatti esposti in rassegna, contestandogli i reati di cui agli articoli 314, 323 e 640, 2° comma, del Codice Penale.
Con riferimento al prefato procedimento penale, appare utile rammentare che le apparecchiature elettroniche, come quella in dotazione all’odierno convenuto, conservano la memoria delle operazioni digitate e, pertanto, garantiscono la possibilità di eseguire la ricognizione analitica in merito alla tipologia ed alla durata dei collegamenti effettuati; in tale ottica, con relazione di perizia tecnica affidata dalla Procura della Repubblica di Verbania al Prof. Enzo M., è stata compiuta l’analisi dei files di “Log” generati dal programma in uso nel Comune di Arona, giungendo alla conclusione secondo cui la durata dell’utilizzo illecito del servizio internet sulla postazione del Dr. R.M., nel periodo di tempo compreso tra giugno e novembre 2001, ammonterebbe a circa 250 ore.
In relazione a quanto sopra descritto, l’Ufficio Requirente di questa Corte, ravvisata l’esistenza di profili di responsabilità a carico del Dirigente in parola per il danno patrimoniale cagionato all’Amministrazione, consistente nel mancato svolgimento della prestazione lavorativa durante le citate ore di connessione, ha emesso nei confronti dell’interessato l’invito a dedurre previsto dall’articolo 5, 1° comma, del D.L. 15 novembre 1993, nr.453, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 gennaio 1994, nr.19; successivamente parte pubblica, ritenuta, altresì, la sussistenza nella presente fattispecie di un danno all’immagine del Comune di Arona, atteso il clamore suscitato dai fatti in questione, ha provveduto a contestare al convenuto, con atto integrativo, tale ulteriore voce dannosa.
A seguito della notifica dell’invito, il presunto responsabile ha fatto pervenire deduzioni scritte, rispettivamente in data 8 maggio e 13 agosto 2002, senza contestuale richiesta di audizione personale; le giustificazioni addotte, tuttavia, non sono apparse idonee a superare il contestato addebito secondo la Procura Regionale procedente.
In tale contesto, si stima utile sottolineare che l’Ufficio Requirente ha richiesto, con istanza in data 30 agosto 2002, ai sensi dell’articolo 5, 1°comma, della Legge 14 gennaio 1994, nr.19, come modificato dall’articolo 1, comma 3 bis, della Legge 20 dicembre 1996, nr. 639, la proroga del termine per emettere l’atto di citazione; questa Sezione Giurisdizionale, con Ordinanza nr. 791/R/02, depositata in data 25 settembre 2002, ha rigettato l’istanza.
La Procura Regionale ha, quindi, emesso l’atto di citazione in giudizio dell’odierno convenuto in data 5 novembre 2002, notificato al destinatario in data 25 novembre 2002, con cui è stato contestato al Dr. R.M. un danno complessivo di Euro 15.751,94, di cui Euro 7.875,97 per danno patrimoniale ed Euro 7.875,97 per danno all’immagine, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giustizia.
Nel corso dell’odierna Udienza le parti hanno sostanzialmente ribadito quanto prospettato negli atti scritti; il Sostituto Procuratore Regionale ha chiesto che venga respinta l’eccezione sull’asserita decadenza dell’azione di responsabilità, precisando, inoltre, che il danno patrimoniale indicato abbraccia due sottovoci: la retribuzione indebitamente percepita ed il costo delle connessioni ai siti non istituzionali.
L’Avv. SANDRETTO, nel contestare in radice la fondatezza della domanda attrice, ha eccepito in via pregiudiziale, sul crinale processuale, la predetta decadenza dell’azione, sul rilievo che, nel caso di mancata concessione della proroga del termine perentorio fissato dalla Legge per l’emanazione dell’atto di citazione, quest’ultimo deve essere adottato dall’Ufficio Requirente entro 45 giorni decorrenti, secondo l’avviso della difesa, non dal deposito dell’Ordinanza della Sezione Giurisdizionale che rigetta l’istanza, bensì dalla scadenza dei 120 giorni previsti dall’articolo 5 della Legge nr. 19 citata.
In ordine al merito della vicenda, infine, l’Avv. R.M. ha insistito sul disconoscimento, inutilizzabilità ed inefficacia probatoria dei documenti e dei dati posti a base della domanda di risarcimento della Procura Regionale, sottolineando, inoltre, l’estraneità ai fatti del proprio assistito, l’arbitrarietà del criterio con il quale è stata quantificata la somma afferente al danno patrimoniale, nonché la carenza di prova circa il contestato danno all’immagine. Il legale ha chiesto, in via istruttoria, l’ammissione della prova testimoniale inerente ad alcuni dipendenti del Comune di Arona, precisando, al riguardo, i vari capitoli, nonché l’esibizione, da parte della citata Amministrazione Comunale, del PEG 2001 e di tutti gli atti concernenti il raggiungimento degli obiettivi assegnati al proprio assistito.
Considerato in
DIRITTO
Relativamente alla contestazione effettuata dalla Procura Regionale nei confronti del convenuto, la prima questione di cui questo Collegio deve farsi carico è quella relativa all’eccezione circa l’asserita decadenza della presente azione di responsabilità, sollevata dalla difesa del R.M. sia nell’atto scritto che nel corso dell’odierna Udienza.
L’eccezione in parola non ha pregio e deve essere respinta.
In particolare, il presunto responsabile sostiene che l’atto di citazione datato 5 novembre 2002 sarebbe stato emesso ben oltre il termine perentorio fissato dalla Legge in materia, identificato nel 25 ottobre 2002, calcolando i 120 giorni dal 13 maggio 2002, data di scadenza del termine per il deposito delle deduzioni difensive conseguenti all’invito a dedurre, ed aggiungendo i 45 giorni previsti nell’ipotesi di rigetto dell’istanza di proroga, senza tener conto, in quanto considerato inapplicabile, del periodo di sospensione feriale.
Sul punto, tuttavia, in disparte la considerazione, già di per sé sufficiente a confutare l’eccezione di decadenza prospettata dalla parte privata, secondo la quale al citato termine di 120 giorni si rende applicabile, come chiarito dalle stesse Sezioni Riunite di questa Corte (Sentenza nr. 7/QM/2003), il periodo di sospensione feriale, è sufficiente osservare che la giurisprudenza assolutamente prevalente, condivisa dal Collegio, ha da tempo affermato il principio per cui, nel caso di rigetto della suddetta istanza di proroga, il termine di 45 giorni attribuito dalla Legge per l’emissione dell’atto di citazione, decorre dal deposito della relativa Ordinanza della Sezione che respinge la domanda avanzata dalla Procura Regionale; nella fattispecie in esame, il deposito dell’Ordinanza è avvenuto in data 25 settembre 2002, mentre la citazione, come in precedenza indicato, è stata emessa in data 5 novembre 2002. Ne discende che il citato termine di 45 giorni per l’emissione dell’atto di citazione risulta pienamente rispettato.
Passando alla disamina delle motivate argomentazioni di merito poste a fondamento dell’azione di responsabilità da parte dell’Ufficio Requirente, e delle correlate controdeduzioni formulate dai difensori dell’odierno convenuto, il Collegio deve focalizzare la propria attenzione sulle considerazioni addotte dalla difesa circa il disconoscimento, l’inutilizzabilità e l’inefficacia probatoria dei documenti e dei dati posti a base della domanda di risarcimento della Procura Regionale, l’estraneità del proprio assistito ai fatti che gli vengono addebitati, nonchè l’arbitrarietà del criterio con il quale è stata quantificata la somma afferente al danno patrimoniale e la carenza di prova circa il contestato danno all’immagine.
Per quanto concerne la prima censura, incentrata sul divieto di utilizzare, da parte del datore di lavoro, impianti audiovisivi ed altre apparecchiature finalizzate a svolgere un controllo a distanza dei lavoratori, con conseguente violazione della normativa a tutela della privacy, questi Giudici ritengono che la stessa debba essere disattesa.
Il Collegio, infatti, non ravvisa nell’operato del Comune di Arona alcun comportamento invasivo preordinato al controllo recondito dell’attività del proprio dipendente, ma semplicemente l’impiego, con verifiche svolte ex post, di un tipo di software in uso a molte Pubbliche Amministrazioni in grado di registrare i dati inerenti agli accessi degli utenti collegati alla rete, non solo per finalità di repressione di comportamenti illeciti, ma anche per esigenze statistiche e di controllo della spesa.
Del resto, non risulta che i controlli siano stati concomitanti all’attività lavorativa dell’odierno convenuto, ma sono stati disposti soltanto a posteriori, in funzione di significative e ripetute anomalie rappresentate da incursioni di virus provenienti da siti non istituzionali; l’utilizzabilità e l’efficacia nel presente giudizio dell’intero materiale probatorio raccolto, quindi, non può essere, ad avviso di questi Giudici, posta in discussione.
Relativamente alla seconda censura, quella concernente l’asserito difetto di responsabilità del proprio assistito, la difesa propugna la tesi secondo la quale altre persone ignote diverse dal convenuto avrebbero potuto avere facile accesso al p.c. in dotazione a quest’ultimo; il Dr. R.M., ripercorrendo quanto esposto analiticamente nell’atto defensionale, era solito accendere il p.c. al mattino, per approntare subito tutti gli strumenti di lavoro, con spegnimento del medesimo alla sera, prima di lasciare l’ufficio. Durante la giornata, il Dirigente in parola era costretto, per motivi di servizio, ad assentarsi dalla postazione di lavoro, anche per diverse ore, allo scopo di recarsi in altri uffici o partecipare a riunioni, lasciando conseguentemente il p.c. in funzione ed abilitato al collegamento alla rete di internet, essendo la “password” personale già inserita.
Le richiamate considerazioni si appalesano infondate e non possono trovare accoglimento.
Sulla specifica questione, il Collegio non condivide le conclusioni prospettate dalla difesa, relativamente all’asserita possibilità per la quale chiunque avrebbe potuto navigare in internet con il p.c. in dotazione all’odierno convenuto e la “password” avrebbe potuto essere conosciuta da altri soggetti, quali gli addetti al C.E.D., sul rilievo che, se ciò non si può certamente escludere in via di fatto, residua, tuttavia, un comportamento negligente, inescusabile e gravemente colposo del Dr. R.M., il quale, per sua espressa ammissione, si allontanava dal proprio ufficio per diverse ore al giorno lasciando il locale aperto ed il p.c. acceso, incustodito e con la parola chiave inserita. Il contegno serbato con sistematicità dal citato Dirigente, connotato dal mancato esercizio di quelle minime, possibili e semplici cautele procedimentali che la situazione richiedeva, da considerarsi oltremodo censurabile, poiché posto in essere da una figura lavorativa che ricopriva un ruolo di vertice nell’organigramma dell’Ente locale, depone a favore di una diretta imputabilità del danno, sotto il profilo eziologico, all’odierno convenuto.
Tale assunto appare suffragato anche da un ulteriore particolare, non scevro di un elevato valore sintomatico: se, infatti, gli accessi ai siti non istituzionali effettuati dalla postazione del prefato Dirigente non fossero stati dal medesimo compiuti, egli, in qualità di legittimo possessore del p.c., avrebbe dovuto, verosimilmente, avvedersi dell’uso improprio da parte di ignoti dell’apparecchio in dotazione, comunicando le anomalie riscontrate ai competenti servizi dell’Ente di appartenenza, considerato che l’utilizzo illecito si è protratto costantemente per alcuni mesi; risulta, al contrario, che i primi accertamenti sono stati avviati a seguito delle rilevazioni e delle conseguenti segnalazioni del C.E.D. del Comune di Arona.
Venendo all’esame della terza censura afferente alla presunta inattendibilità dei criteri utilizzati per la quantificazione del danno patrimoniale, occorre precisare che la Procura Regionale, partendo dal dato richiamato in narrativa, che individua, alla luce della perizia tecnica del Prof. M. e degli accertamenti compiuti dal C.E.D. del Comune di Arona, in circa 250 ore il tempo di utilizzo non istituzionale di internet da parte del Dr. R.M., ha inteso avvalersi per la menzionata attività volta alla determinazione del danno, sebbene in forma stimata e forfetaria, di elementi obiettivi, quali l’ammontare della retribuzione in godimento ed il numero delle ore di navigazione sui vari siti non istituzionali. Atteso che lo stipendio mensile lordo del convenuto ammontava a lire 8.500.000 e che lo stesso risulta aver effettuato nel periodo considerato, in media, 36 ore settimanali, con una retribuzione oraria pari a lire 59.000, l’Ufficio Requirente ha quantificato il danno patrimoniale, ottenuto moltiplicando la predetta misura oraria per il totale delle ore trascorse collegandosi a siti non istituzionali (250), in lire 14.750.000, cui sono state aggiunte, applicando sempre un procedimento induttivo, lire 500.000 a titolo di costo del servizio telefonico pro quota.
Ribatte la difesa che le rilevazioni dei files di “Log”, se da un lato consentono di verificare l’esistenza e la durata di un collegamento alla rete, non sono ovviamente in grado di dimostrare che il soggetto connesso sia, in quel determinato intervallo temporale, dedito esclusivamente alla consultazione del sito ricercato, ben potendo dedicarsi ad ogni altra attività lavorativa rientrante nelle proprie mansioni, pur se il p.c. rimane, durante le ore medesime, collegato ad internet; in altre parole, non sarebbe in alcun modo possibile ritenere accertata e provata la precisa coincidenza tra ore di collegamento e ore prive di qualsivoglia prestazione lavorativa, per trarre l’esistenza e l’entità di un danno che, in base soltanto ai suddetti elementi, non è determinato, né logicamente determinabile.
In merito al profilo della determinazione del danno patrimoniale, il Collegio muove da un dato oggettivo, nonostante le osservazioni critiche inerenti al grado di sicurezza della rete formulate nella perizia di parte privata stilata da F. Paolo, da reputarsi sufficientemente preciso, acclarato con dovizia di argomentazioni tecniche dalla relazione del Prof. M. e dai rilevamenti elaborati dal C.E.D. del Comune di Arona: dal p.c. in uso all’odierno convenuto sono stati effettuati accessi a siti non istituzionali della rete internet pari a circa 250 ore di collegamento nel periodo interessato; tali connessioni, in ragione di quanto precedentemente esposto circa il comportamento gravemente colposo del Dr. R.M., associato alla circostanza corroborante attinente all’esame incrociato del riepilogo delle giornate di presenza e degli orari di entrata e di uscita dello stesso, sono da ritenersi direttamente imputabili al Dirigente in parola.
In tale quadro complessivo, inoltre, il Collegio intende dissentire con forza dall’affermazione della difesa secondo la quale non sarebbe rilevante, ai fini del danno, il tempo trascorso da un Dirigente in attività non attinenti al proprio servizio, in quanto le figure in parola negli Enti locali, a differenza degli altri dipendenti, non devono rendere una prestazione lavorativa quantificabile con orario minimo, ma sono tenuti esclusivamente ad un’obbligazione di risultato. Se è vero, infatti, che la funzione del Dirigente è improntata ad una certa flessibilità nell’orario di lavoro, non può sottacersi la circostanza che l’attività di tali soggetti comporta, indubbiamente, una maggiore responsabilità che si riflette in modo diretto sulla stessa durata ed articolazione delle prestazioni lavorative, diversamente dagli altri dipendenti che agiscono, in linea di massima, sulla base di una programmazione lavorativa predefinita; il riferimento all’espletamento di un’obbligazione di risultato, non affranca certamente il Dirigente dall’obbligo giuridico di utilizzare il tempo trascorso in ufficio per il conseguimento dei fini istituzionali, anche in virtù della posizione di vertice ricoperta che deve fungere da esempio per i propri collaboratori.
In altri termini, e con maggiore ampiezza esplicativa, questi Giudici reputano non rispondente ai canoni dell’efficienza e dell’efficacia della prestazione lavorativa da rendere a fronte della retribuzione percepita, lo svolgimento del lavoro di ufficio che presenti continue parentesi temporali dedicate alla connessione a siti non istituzionali della rete internet, quantomeno in relazione alle ore interessate dall’attività in rassegna.
Ciò premesso, partendo dai cennati presupposti emersi nell’ambito della evocata cornice ricostruttiva, il Collegio, pur valutando corretto il parametro dedotto dalla Procura Regionale, poiché appare quello che più di ogni altro conserva nel suo alveo un fondamento di natura oggettiva, laddove si richiama alla retribuzione oraria del soggetto, non condivide, tuttavia, la quantificazione del danno patrimoniale derivante dalla correlata operazione di calcolo matematico effettuata dalla parte pubblica, in quanto il criterio prescelto non è idoneo a provare in modo inoppugnabile, come prospettato dalla difesa del convenuto, la perfetta corrispondenza tra le ore di collegamento alla rete internet rilevate, il cui numero può considerarsi pressoché certo, e le ore prive di prestazione lavorativa; la stessa Procura Regionale definisce tale valutazione stimata e forfetaria. A tal proposito, infatti, non si può escludere che alcune connessioni ai siti non istituzionali siano rimaste attive per diversi minuti nel corso di ciascuna giornata, anche per mera dimenticanza, nel periodo in cui il predetto Dirigente svolgeva le proprie funzioni istituzionali in ufficio o presso altri luoghi, lasciando il p.c. sempre acceso sin dalla mattina come evidenziato nell’atto defensionale.
In relazione alle delineate osservazioni in ordine alla quantificazione del danno, il Collegio ravvisa la necessità di ricorrere, nella fattispecie in esame, al potere equitativo demandato dall’articolo 1226 del Codice Civile, riducendo l’importo contestato dalla Procura Regionale a tale titolo e ritenendo raggiunta la prova a carico dell’odierno convenuto di un danno patrimoniale per l’importo di Euro 5.000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria ed interessi, in base alle risultanze del procedimento penale, della perizia tecnica redatta dal Prof. M. e dei rilevamenti elaborati dal C.E.D. del Comune di Arona.
Alla luce di quanto sopra tratteggiato, in ordine alle risultanze di fatto del presente giudizio, il Collegio è dell’avviso che non possano trovare ingresso le richieste istruttorie avanzate dalla difesa, atteso che le stesse si manifestano, nel contesto della menzionata cornice ricostruttiva, chiaramente inconferenti.
Quanto alla contestazione afferente al supposto danno all’immagine, prescindendo dal vaglio relativo alla prova dello stesso, individuabile nei noti criteri oggettivi, soggettivi e sociali e nei canoni di carattere generale contenuti nella recente Decisione delle Sezioni Riunite di questa Corte nr. 10/QM/2003, il Collegio valuta la pretesa avanzata dalla parte pubblica infondata, sul rilievo assorbente che le notizie dell’episodio concernente la connessione a siti non istituzionali da parte dell’odierno convenuto sono state divulgate agli organi di stampa dal Comune danneggiato, per cui difetta, a monte, una delle stesse condizioni per promuovere l’azione di responsabilità per tale voce di danno, atteso che la diffusione delle informazioni potenzialmente pregiudizievoli è riconducibile esclusivamente all’Ente locale che dovrebbe essere risarcito.
Per quanto esposto in narrativa, il Collegio condanna l’odierno convenuto al pagamento in favore dell’Erario della somma di Euro 5.000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria ed interessi.
Le spese di giustizia seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, definitivamente pronunciando, condanna al pagamento in favore dell’Erario il Sig. R.M. Michele per l’importo di Euro 5.000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria ed interessi.
Le spese di giustizia, computate in Euro 228,78 (Duecentoventotto/78), seguono la soccombenza.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Torino, nella Camera di consiglio del 12 febbraio 2003.

Depositata in Segreteria il 13 NOV. 2003

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