Trib. Milano Sez V Penale Sent. 1993/04

ribunale di Milano, Sezione V Penale, in composizione collegiale, Sentenza 25 febbraio – 18 marzo 2004

Proc.pen. n. 35565/00 RG PM

n. 5583/03 RG Trib

Sent. n. 1993/04 del 25.02.04

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO
V SEZIONE PENALE
In composizione collegiale

nelle persone di

Dott. Gianfranco Della Chiara, presidente

dott.ssa Ilaria Simi, giudice est.

dott.ssa Anna Calabi, giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento nei confronti di:

B.G., nato a **** il *.*.**, libero presente,

difeso di fiducia dagli avv.ti Enrico Arena del foro di Monza e Stefano Paloschi del foro di Brescia

imputato:

del delitto di cui all’art. 600 ter comma 3° c.p. per aver distribuito, divulgato e pubblicizzato a mezzo del sito web http://www.**************.com, 5 filmati pedo-pornografici e 14 immagini pedo-pornografiche.

In Milano, fino al 13.06.2000

Conclusioni per il PM e per i difensori dell’imputato: assoluzione per non aver commesso il fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto che dispone il giudizio emesso in data 7.5.03 B.G. veniva chiamato a rispondere del reato specificato in epigrafe per aver distribuito attraverso il suo sito web http://www.**************.com dei filmati ed immagini pedo-pornografici.

Ammesse le prove così come articolate dalle parti, acquisito con il loro consenso la home page del sito del B. (con la descrizione del servizio da questi offerto e le modalità per la registrazione di un nuovo sito su detto server), esaurita così l’istruttoria, a seguito delle conclusioni sopra riportate veniva data lettura del dispositivo.

Appare interessante, prima di procedere ad analizzare le risultanze processuali, esaminare i termini in cui si è espresso l’orientamento dottrinale che ha affrontato i problemi circa il fondamento ed i limiti della responsabilità penale del Service Provider (si vedano in particolare Adelmo Manna e Sergio Seminara, rispettivamente su Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2001 pag. 145 e 1998 pag. 745, nonché Lorenzo Picotti in Diritto penale e processo 1999, pag. 379, Cassano e Buffa in Giurisprdenza Internet a commento della pronuncia del Tribunale di Napoli del 14.06.02) analizzandola sia sotto il profilo della responsabilità omissiva (o per omesso impedimento dei reati realizzati dagli autori dei contenuti illeciti diffusi via internet) sia sotto quello della responsabilità commissiva (a titolo di concorso nei reati dei predetti autori da parte del sito ospitante o che ha permesso il link).

Innanzitutto si osserva che con la legge 3.8.98 n. 269, che raccoglie le norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno dei minori, è stato introdotto nel codice penale l’art. 600 ter che punisce l’attività di chidistribuisce o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie finalizzate all’adescamento ed allo sfruttamento sessuale di minori degli anni 18…. La varietà delle condotte tipiche elencate dalla norma e la loro elencazione risulta in effetti porre delle incertezze rispetto ad una serie di categorie di soggetti operanti in Internet che pur non essendo gli autori materiali dell’immissione in rete dei dati illeciti (c.d. content providers o produttori di contenuti) risultano però distribuirli, pubblicizzarli e divulgarli materialmente. Ci si chiede infatti se detti soggetti, ed in particolare i proprietari delle infrastrutture di telecomunicazione (che secondo le definizioni indicate da Seminara sono i c.d. network providers), i fornitori di accessi (c.d. access providers i quali offrono l’accesso in rete ovvero la possibilità per il content provider di pubblicare su internet le pagine del proprio sito mediante l’utilizzo di spazio web offerto sul proprio server) ed i fornitori di servizi (c.d. service providers i quali si rivolgono all’utente finale consentendogli il collegamento ad Internet ed i suoi ulteriori servizi come ad esempio i news servers), possano a loro volta ritenersi corresponsabili della distribuzione, divulgazione, pubblicizzazione e cessione a terzi del materiale pedo-pornografico. Se infatti non vi è dubbio sulla loro responsabilità in tutte le ipotesi in cui vi sia una violazione diretta da parte degli stessi di una norma, diverso è il caso in cui vengano sostanzialmente chiamati a rispondere del fatto illecito altrui (del content provider che abbia agito attraverso le loro infrastrutture). Peraltro, per inciso, si deve anche osservare come in concreto la riconducibilità diretta alla figura di uno di questi access o services providers dell’attività di divulgazione in rete di contenuti illeciti si limiti ad ipotesi marginali (per esempio quando questi abbia agito come moderatore di un newsgroup e/o laddove abbia provveduto ad un controllo dei messaggi pervenuti sul suo spazio web attraverso i siti ospitati o richiamati ed abbia influito – proprio in funzione di tale analisi – nell’organizzarne la fruibilità per gli utenti attraverso il suo servizio per esempio con l’applicazione di un banner od altro). Nei casi invece di responsabilità indiretta la loro attività è del tutto autonoma rispetto a quella illecita del content provider pur essendo causalmente la condizcio sine qua non del realizzarsi della seconda.

Ora, per sostenere la responsabilità a titolo di omissione del service o host provider occorre affermare a loro carico un obbligo giuridico di impedimento (in questo caso non già dell’evento ma della stessa condotta illecita del content provider) e quindi da un lato una sua posizione di garanzia e dall’altro lato una possibilità effettiva di controllo preventivo sul contenuto dei messaggi. Sotto il primo profilo, e quindi per quanto riguarda detta posizione di garanzia, si deve osservare che questa non è ravvisabile, a parere dei menzionati autori ed anche secondo questo Tribunale, nel diritto vigente e ciò stante la assenza di una previsione specifica in tal senso e la non applicabilità in via analogica – in malam partem – degli art. 57 e 57 bis c.p. (riguardanti il direttore della stampa periodica ed anche l’editore e stampatore nel caso di anonimità o non imputabilità dell’autore degli scritti illeciti). Né la posizione di garanzia può argomentarsi sostenendo l’esercizio precedente da parte di detto provider di un’attività pericolosa in quanto tale non può considerarsi la sua offerta di uno spazio web e l’apertura di un link con un determinato sito che rappresenta un’azione consentita e del tutto neutra per il diritto penale. Sotto il secondo profilo, poi, si deve notare che non è ravvisabile la possibilità concreta di esercitare un efficace controllo sui messaggi ospitati sul proprio sito visto l’enorme afflusso dei dati che transitano sui servers e la possibilità costante di immissione di nuove comunicazioni anche attraverso collegamenti alternativi proprio per la struttura aperta di Internet che non rappresenta alcun unitario sistema centralizzato, ma una possibilità di molteplici connessioni fra reti e computers diversi. Per tali motivi dunque non appare possibile fondarsi un giudizio di responsabilità del service e host-access provider sotto il mero profilo omissivo.

D’altra parte si potrebbe sostenere che anche il Server Provider divulga o comunque agevola la divulgazione di dati illeciti. Però laddove l’attività del Provider sia stata solo quella di offrire uno spazio in rete od offrire un accesso al sito dove è pubblicato il contenuto illecito la sua responsabilità penale non appare configurabile innanzitutto sotto il profilo oggettivo. Infatti non si può sanzionare penalmente un’attività che appaia di per sé neutra e lecita (se non venga diversamente qualificata per la conoscenza dell’illiceità dei contenuti che si sono ospitati od a cui si è dato accesso). Perché si possa configurare un contributo causale all’illecito del content provider da parte del server occorre che quest’ultimo si sia inserito nella divulgazione del messaggio con un quid pluris rispetto alla sua solita attività, con una interazione con detto sito.

Deve inoltre verificarsi se il dolo dell’Access e/o Service Provider abbia ad evidenziarsi attraverso le modalità di svolgimento del servizio da lui prestato (e cioè se si riscontri un dolo di partecipazione od un’oggettiva possibilità di impedire la commissione del reato di cui abbia avuto comunque notizia). Non appare invece soddisfacente un’impostazione della responsabilità del Server con riferimento alla categoria del dolo eventuale ogniqualvolta non vi siano specifici elementi che consentano di ricondurre nella sua sfera di conoscibilità una specifica attività illecita commessa per suo tramite e ciò, come si è già detto, per la struttura aperta di Internet (che rende in astratto possibile immissioni costanti, autonome e non controllabili sugli spazi gestiti dal Server laddove lo stesso anche per il tipo di servizio gestito non abbia potuto applicare alcuna tutela rispetto a dette immissioni). In assenza di detti elementi si finirebbe per equiparare il dolo eventuale a un dolo in re ipsa.

Fatte queste brevi premesse, passando ad esaminare i risultati dell’istruttoria dibattimentale, si osserva che nel caso di specie può escludersi che il sito T******** (www.***************.com) intestato e gestito dal B. abbia svolto il ruolo di content provider del materiale illecito (foto di bambini in età anche prepubere intenti in attività sessuali) che era in realtà offerto dal sito E**** C***. Il sito dell’imputato aveva infatti rivestito solo la funzione di service provider rispetto al sito ospitato. l’host provider dell’E**** C*** era invece Tiscali (vedi tstimonianza del teste sovrintendente Di Censo – ispettore della polizia postale di Bologna competente per le indagini sui reati a mezzo Internet). Inoltre al sito E**** C*** poteva accedersi anche indipendentemente dal tramite di T******** (vedi teste C. che segnalò alle forze dell’ordine la presenza di foto pedopornografiche sul sito E**** C***). Il sito T******** forniva solo un sito di classifiche (organizzate a seconda dei loro contenuti in 30 categorie) dei siti più votati (si veda in proposito la documentazione presentata dalla difesa sul consenso delle parti all’udienza del 20.9.03) e fra questi era stato inserito anche l’E**** C***. Per offrire il suo servizio T******** procedeva ad analizzare (così come dichiarato in sede d’esame dallo stesso imputato) solo la home page dei siti che si iscrivevano secondo una procedura automatizzata al suo servizio così da accertare la corrispondenza del sito neoiscritto alla categoria dallo stesso indicata. Ora, secondo la testimonianza del teste C., la home page dell’E**** C*** non conteneva alcuna foto o richiamo a materiale illecito (per accedere al quale doveva infatti entrarsi in dei sottomenù e poi risolvere un piccolo enigma molto facile), né la presenza di questo materiale pedopornografico si poteva automaticamente immaginare e neanche sospettare vuoi per il nome del sito, vuoi per la esplicita indicazione del nominativo del titolare del sito (l’E**** C*** risulta infatti aver indicato sulla stessa home page il suo indirizzo e questo ne ha permesso la pronta individuazione del titolare come si evince dalla testimonianza del sovrintendente Di Censo Gaetano cui erano state deferite le indagini). Nel corso delle indagini inoltre non risulta essere stato verificato che T******** avesse in passato interferito sul contenuto di alcuno dei siti ospitati ed in particolare dell’E**** C*** (che fra l’altro già il 23.8.00, pochi giorni dopo l’avvio delle indagini, risultava non più raggiungibile). Infine nessun collegamento né personale, né economico è stato verificato tra il B. e R.F. o A., rispettivamente titolari del sito e dell’abbonamento via Web dello stesso.

Alla luce pertanto delle premesse e dell’analisi della concreta situazione in esame si deve escludere la penale responsabilità del B. in quanto non è possibile individuare suoi comportamenti che dimostrino vuoi un apporto causale – una partecipazione specifica – alla divulgazione delle foto pedopornografiche esposte dall’E**** C***, vuoi la sua conoscenza del contenuto illecito del materiale divulgato dal sito ospitato sul suo spazio web.

B. deve pertanto essere assolto dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.

PQM

Visto l’art. 530 cpp

Assolve

L’imputato dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.

Fissa in trenta giorni il termine per la motivazione della sentenza.

Milano, 25.2.04

Il giudice

Il presidente

V Sez. Penale, depositato in Cancelleria il 18.3.04
Per gentile concessione di Penale.it

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