L’internet e l’ipocrisia di leggi e politica

WMTools n.ro 15

di Andrea Monti

Sono oramai cinque anni che l’internet bussa alle porte del nostro paese, ma nessuno ancora risponde Mentre il mondo delle imprese, avendo intuito le potenzialità del mezzo, sta cercando faticosamente di capire come impiegarlo, politici e legislatori si ostinano a considerare questo strumento come un giocattolo per intellettuali o per adolescenti perdigiorno.

Certo, a sentire le dichiarazioni ufficiali rilasciate in occasioni pubbliche da questo o quel rappresentante di partito sembra esattamente il contrario: pare che nessuno possa fare a meno della Rete e dunque si moltiplicano iniziative volte a promuovere incentivazioni, feste europee dell’internet e chi più ne ha più ne metta, ma – si dice – i notebook superattrezzati consegnati ai parlamentari sono finiti nelle mani di figli e nipoti, e nonostante ciascun politico sia dotato di e-mail, le convocazioni delle assemblee avvengono ancora con sistemi cartacei.

Breve: la realtà dei fatti suggerisce considerazioni di segno assolutamente contrario e non stupisce che l’andamento del PIM (Politico Italiano Medio) sia a livelli di minimo storico.

Lo sviluppo dell’internet “.it” è a livelli drammatici e – come fa rilevare Giancarlo Livraghi sul numero di dicembre ‘98 – la politica delle incentivazioni per lo sviluppo del settore, di cui si comincia a parlare con sempre maggiore frequenza è orientata verso obiettivi sbagliati e quindi privi di effetti reali.

Nel frattempo i fornitori di servizi (contenuti e connettività) navigano a vista in un tempestoso mare legislativo affollato di relitti normativi e di iceberg giudiziari (sentenze a dir poco pazzesche che puniscono la detenzione di programmi privi di licenza con pene superiori a quelle applicate per l’omicidio colposo). Non stupisce che le aziende nutrano forti perplessità sull’idea di imbarcarsi in un viaggio del genere.

Questo pessimismo è certamente in controtendenza rispetto alle “magnifiche sorti e progressive” che vengono sbandierate per ogni dove, ma deriva da un confronto diretto con la realtà, senza i filtri di riviste patinate o slogan televisivi.

Se soltanto la metà di quello che ho scritto rispondesse al vero ci sarebbe da mollare tutto e pensare ad altro, ma non credo che sia la soluzione giusta. Perché giocarsi un’opportunità del genere per l’insipienza del politicante di turno?

Le priorità sono chiare: occorrono minori costi per la connettività, una concorrenza effettiva e trasparente, la creazione di un mercato… ma non è solo una questione tecnica.

Come ha fatto giustamente rilevare Paola Manacorda (Autorità per le telecomunicazioni) nel corso del recente ed interessante convegno organizzato il primo marzo scorso a Roma dal gruppo parlamentare dei Verdi al Senato, la gente non usa l’internet semplicemente perché non ci trova né contenuti né servizi. Tanto per fare un esempio, il giorno in cui la Pubblica Amministrazione sarà effettivamente presente in Rete e la gente capirà che usando l’internet si evitano code, fastidi e perdite di tempo, molte persone troveranno utile mettersi on line. Ma se il Parlamento continua a gingillarsi con questioni fumose e trendy (come l’inesistente commercio elettronico) l’alba di questo giorno è rinviata a data da destinarsi.

Allora, per essere concreti, se le aziende vogliono veramente ottenere vantaggi dall’internet dovrebbero utilizzare il loro indubbio peso istitituzionale per favorire l’adozione di provvedimenti semplici e mirati.

Altro modo per arrivare in porto, non c’è.

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