Trib. Teramo Sent. n. 112/02

DISPOSITIVO DI SENTENZA

(Artt. 544 e segg. 549 C.P.P.)

Il Giudice dott. ALDO MANFREDI

Alla pubblica udienza del 30/01/02 ha pronunziato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA 

nel procedimento penale

CONTRO

PINTO RICCARDO, nato il 20/08/1948 in Milano, residente in Giulianova via Nervi 12;ove elegge domicilio.

LIBERO PRESENTE

IMPUTATO/I

Del reato di cui all’art. 595 c.p. Per aver offeso la reputazione del Monte Dei Paschi di Siena S.P.A. comunicando a più persone mediante sistema Internet, in tal senso aprendo un “sito” intestato formalmente a tale Società. Sullo stesso indirizzo di posta elettronica, cui è possibile collegamento da parte di numero indeterminato di persone, venivano riportate notizie relative a vicenda ove lo stesso Pinto si dichiarava imprenditore truffato. Relativamente a ciò riportava notizie relative a Procedura penale aperta presso la Procura di Teramo sulla scorta di propria denuncia in qualità di legale Rappresentante della Geyser Sud. Riferiva relativamente a tale vicenda giudiziaria, pendente in fase istruttoria, essere stati sottoposti a sequestro documenti e titoli bancari presso la Filiale di Teramo dell’Istituto di Credito detto. Pubblicando atti giudiziari, tra i quali sequestro giudiziario e costituzione di Parte Civile, ed esponeva tra gli altri documento intitolato “La Truffa:riassunto dei fatti”,”nel quale si riferiva danneggato per oltre un miliardo riportando stralci di notizie, non complete, pubblicate da quotidiani e sempre relative esclusivamente a presunta truffa in suo danno effettuata da tre funzionari dell’istituto nell’esercizio delle proprie funzioni. Tali pubblicazioni, come detto a mezzo posta elettronica, erano tali da apparire all’utente collegato come immediatamente visibili essendo riferite alla pagina iniziale del sito intestato al M.P.S. che pure comprendeva vari altri documenti elettronici anche istituzionali.
In Giulianova Febbraio 1997.

Con l’intervento del P.M. dott. Angelo Caporale e del difensore Avv.Monti di fiducia.

Le parti hanno concluso come segue:

Il PUBBLICO MINISTERO: chiede l’ assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato.

Il DIFENSORE: chiede l’assoluzione con la formula ampia o quella che il Giudice riterrà applicare e in subordine che gli vengano riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti e quindi il minimo della pena e benefici di legge se concedibili, e conversione della pena se concedibile e in via gradata la sospensione condizionale se la pena non fosse convertibile.

FATTO E DIRITTO
Nei confronti di Pinto Riccardo si è proceduto a seguito di decreto di citazione a giudizio con cui veniva contestato il delitto di diffamazione in danno del Monte dei Paschi di Siena S.p.a. che si era querelato riferendo che il predetto aveva diffuso attraverso il servizio telematico “internet” notizie ed informazioni ingannevoli e comunque lesive della reputazione e dell’immagine dell’istituto.

La fase dibattimentale era celebrata alla presenza dell’imputato e con l’intervento della difesa della p.o. che produceva memorie. L’istruttoria dibattimentale era espletata con l’acquisizione di documentazione prodotta dalle parti e con l’esame dei testi di lista del P.M., nonché del responsabile dell’ufficio legale della banca , dotto Cofaci, in servizio all’epoca dei fatti, ammesso ex art 195 cpp. Si perveniva così all’udienza dibattimentale del 30 Gennaio 2002 nella quale si svolgeva la discussione e le parti concludevano come da verbale.

OSSERVA IL GIUDICE

Preliminarmente va ribadito che la querela fu correttamente sporta da un membro del consiglio di amministrazione ( il Vice presidente ) che in forza dell’art 18 dello statuto poteva ben esser investito , come fu , del potere di compiere l’atto in questione , e ciò indipendentemente dalla esistenza di ragioni di impedimento o assenza del presidente con conseguente passaggio automatico dei poteri al suo vice come previsto dell’art 22 dello Statuto ( peraltro il richiamo specifico nell’atto di querela a detta previsione statutaria deve far presumere , fino a prova contraria, la sussistenza delle condizioni per l’esercizio del potere di rappresentanza in capo al vice presidente con la conseguenza che l’imputato avrebbe dovuto fornire o quanto meno allegare, la prova della inesistenza di dette condizioni legittimanti). Per tale duplice ragione la querela appare regolare.

 Inoltre va altrettanto ribadita la sua tempestività che,come già rilevato, non può essere parametrata al momento di consumazione del reato (comunque incerto nella stessa descrizione dell’imputazione) ma a quello della sua conoscenza da parte della p.o., rispetto al quale non vi è alcun elemento per affermarne l’anteriorità rispetto al termine di cui all’art 124 cp. Anche in questo caso, in forza del principio del favor actionis, spettava eventualmente all’imputato fornire al prova della decorrenza del termine per proporre querela rispetto al momento della conoscenza da parte della p.o. del fatto-reato in quanto, essendo la eccepita decadenza volta a paralizzare l’esercizio di un diritto si debbono seguire criteri rigorosi per il suo accertamento e l’onere della prova ricade su chi sostiene l’intempesitività.

Ciò detto va rilevato che dagli atti emerge in modo incontestabile che il Pinto attivò un sito internet , rispondente al dominio www.duialca.com/mps , all’interno del quale inserì i messaggi informativi asseritamente diffamatori che poi l’ufficiale di P.G. Luciano Pacinelli , incaricato dal P.M , ebbe a stampare recandosi presso la ditta “Genesi Provider” ove, con l’ausilio di un tecnico raggiunse il sito in questione collegandovisi. Stampe di videate che risultano acquisite agli atti.

 L’imputazione invero fa riferimento all’utilizzo , quale mezzo di propalazione del messaggio diffamatorio, di un indirizzo di posta elettronica, ma l’assunto è in realtà errato in quanto è di tutta evidenza che il Pinto non si servì di un indirizzo di posta elettronica, che non è altro che una sorta di cassetta postale riservata a ciascun utente per la ricezione di messaggi provenienti da altri utenti della rete che ne conoscono l’indirizzo , ma di un sito internet rispondente al dominio citato la cui riferibilità al Pinto risulta con tutta evidenza dal contenuto dei messaggi di cui alle stampe acquisite. Acquisizioni del tutto regolari in quanto effettuate dalla P.G. nell’ambito della attività di ricerca ed assicurazione delle fonti di prova di cui agli artt 348 e 354 cpp. Attività direttamente svolta dall’ispettore Pacinelli , il quale si servì dell’ausilio materiale e tecnico del tecnico della ditta ” Genesi Provider ” il quale si limitò a ricercare il sito attivando il collegamento che poi permise all’ufficiale di P.G. operante di stampare le pagine che venivano visualizzate. Nessuna violazione di norme processuali è ravvisabile in tale modo di procedere , dovendosi ricordare come sia nella facoltà della P.G. avvalersi dell’ausilio di persone idonee per il compimento di operazioni che necessitano di competenze tecniche. Ciò in forza del disposto di cui all’art 348 cpp che non impone particolari formalità per la scelta e la nomina di detti ausiliari. Quel che rileva è che l’ufficiale di P. G. abbia dato conto, come è avvenuto nella specie, delle modalità dell’operazione e del ruolo svolto dall’ausiliario, che certo non può trasmodare nel diretto ed autonomo compimento di atti tipici di P.G. Nessuna ragione di inutilizzabilità dei documenti in atti è quindi ravvisabile. Né certo può dubitarsi del valore probatorio del materiale acquisito.

Sarà pur vero, come sostenuto dalla attenta difesa con apprezzabili argomenti di ordine tecnico, che oggi vi sono mezzi che avrebbero consentito agli inquirenti di salvare il messaggio informatico , ma non può essere messo in dubbio, alla luce dei precisi riferimento dell’ispettore Pacinelli, che questi provvide esattamente a stampare quanto appariva sul video così ottenendo documenti cartacei che hanno piena valenza ex art 234 cpp, loro dovendosi riconoscere valore di originale in quanto direttamente riproducenti, al pari di una foto o di una ripresa cinematografica il fatto materiale consistente nella videata del messaggio elettronico.

Ciò chiarito e ritenute pertanto infondate le eccezioni difensive di inutilizzabilità e tornando al profilo della condotta materiale, va detto che quanto chiarito circa la erroneità del riferimento contenuto nell’imputazìone all’uso di un indirizzo di posta elettronica, non comporta alcuna lesione del diritto di difesa e nessuna immutazione tra contestazione e fatto ritenuto dal giudicante. Basta a tal proposito osservare che comunque l’imputazione, pur essendo non puntuale, ed errata nei riferimenti tecnici allo strumento informatico, contiene comunque un chiaro riferimento alla utilizzazione di un sito internet aperto dal Pinto, attraverso il quale questi diffondeva notizie diffamatorie in danno del Monte dei Paschi. Nella sostanza è questa la condotta che veniva contestata e rispetto ad essa nel merito il Pinto si è compiutamente difeso.

Passando ora a valutare il merito della contestazione va detto che dal materiale cartaceo in atti emerge che il Pinto, nel contesto di una annosa vicenda che lo oppone all’istituto di credito e con specifico riferimento ad una querela per truffa da questi a suo tempo sporta nei confronti di tre funzionari della banca, inserì nel sito di cui si è detto una serie di notizie relative a tale vicenda giudiziaria. Ciò fece riportando una serie di articoli di stampa nei quali si riferiva della sua querela e dello stato del procedimento, dicendosi truffato.

Orbene ritiene il giudicante che il contenuto complessivo dei messaggi abbia valenza diffamatoria. Invero il Pinto non si è limitato ad realizzare una rassegna stampa relativa alla querela in danno di tre funzionari di banca, ma ha operato un accostamento incalzante delle diverse notizie onde indurre il lettore a dare per accertato quello che ancora non era. In particolare poi nel documento a pg 35 egli così si esprimeva ” Benvenuti al sito di Riccardo Pinto , un imprenditore truffato da 3 funzionari della 6° banca italiana … il MONTE DEI PASCHI DI SIENA ” , nel quale come vedesi il prevenuto manifestava la notizia di una truffa data per commessa e di cui era stato vittima. Truffa la cui commissione era riferita direttamente alla Banca il cui nominativo veniva enfatizzato anche sul piano grafico. Notizia peraltro da coordinare alla immissione nel sito del contenuto dell’atto di citazione a giudizio della banca quale responsabile civile. Si trattava quindi di un messaggio evidentemente lesivo della reputazione dell’istituto (Pinto è stato truffato) che oltre tutto è risultato falso o quanto meno indimostrato nel contenuto visto che i tre funzionari sono stati assolti con sentenza del Pretore di Teramo che è agli atti.

Ciò detto ritiene però il giudicante che non vi sia prova dell’avvenuta consumazione del delitto di diffamazione. A tal proposito va evidenziato che il delitto di diffamazione è reato di evento, un evento che è di natura psicologica, e si realizza nel momento della diffusione all’eterno del messaggio con la sua percezione da parte dei terzi , conseguendone che esso può risultare temporalmente differenziato rispetto alla condotta , con la possibile ravvisabilità della fattispecie tentata , realizzabile in tutti i reati di evento e quindi anche nel delitto di diffamazione per come sempre ritenuto dalla più autorevole dottrina.

Proprio a proposito della diffamazione a mezzo internet la Suprema Corte ha recentemente affermato che ” nel caso in cui l’offesa venga arrecata tramite tale mezzo , l’evento appare temporalmente , oltre che concettualmente, ben differenziato dalla condotta. Ed invero in un primo momento si avrà l’inserimento in rete da parte dell’agente degli scritti o immagini offensivi e, solo in un secondo momento, (a distanza di secondi, minuti, giorni ecc.) i terzi connettendosi con sito e percependo il messaggio, consentiranno la verificazione dell’evento. Tanto ciò è vero che sono ben immaginabili sia il tentativo (l’evento non si verifica perché in ipotesi nessuno, per qualsiasi ragione, visita il sito) che il reato impossibile (l’azione è inidonea per qualsivoglia ragione tecnica) Né può affermarsi, è da aggiungere, che in tale caso sia possibile presumere la conoscenza del messaggio da parte di terzi, come potrebbe sostenersi nel caso della stampa o della diffusione televisiva (tesi questa sostenuta nella memoria della p.o. )

 Infatti del tutto diverso in questi casi è il mezzo di diffusione, rispetto al quale può ritenersi effettivamente ragionevole dare per provato che un giornale sia letto da più persone o una trasmissione televisiva raggiunga più spettatori. Peraltro quanto alla diffamazione a mezzo stampa va detto che una prima diffusione comunque già si realizza al momento della consegna da parte dello stampatore delle prescritte copie in adempimento dell’obbligo previsto dalla l. 2 Febbraio 1989 n 374, che ovviamente non ha riscontro nel caso in esame per le peculiarità del mezzo tecnico.

Nella diffamazione a mezzo internet quanto alla visibilità del messaggio va evidenziato che nessun sito può essere raggiunto per caso. E’ necessario conoscerlo o quantomeno procedere ad una precisa interrogazione di un motore di ricerca. Il motore di ricerca è a sua volta un sito, all’interno del quale è possibile consultare degli elenchi, aggiornati periodicamente, che contengono delle brevi recensioni di ogni sito web e consentono di raggiungerlo grazie ad un collegamento ipertestuale.

E’ quindi palese che il sito attivato dal Pinto poteva essere consultato solo da chi lo avesse cercato oppure, del tutto casualmente, avesse seguito una interrogazione all’interno dei motori di ricerca utilizzando parole chiave contenute nel sito del Pinto. Orbene sul punto ha ragione la difesa del prevenuto quando afferma che non vi è prova che ciò si sia in concreto verificato né, è da aggiungere vi sono elementi indiziari o argomenti fondati su dati esperenziali affidabili che possano consentire di affermare la verificazione dell’evento (come sarebbe ad es. nel caso di una trasmissione televisiva).

 Vero è che il responsabile dell’ufficio legale in servizo all’epoca del fatto, dott. Cofaci, ha riferito di aver appreso da alcuni clienti a da alcune filiali periferiche che su un sito internet vi erano messaggi diffamatori nei confronti della banca , ma quanto alle notizie apprese da clienti l’assunto è rimasto del tutto generico e non verificabile sul piano probatorio, così chè resta accertato che l’ufficio legale venne informato della cosa dalle filiali di Castel Fiorentino e Salerno, ovvero da strutture interne dell’istituto che non possono ritenersi soggetti terzi percettori del messaggio offensivo, coincidenti con la stessa p.o. In definitiva manca la prova della realizzazione dell’evento rappresentato dalla effettiva diffusione del messaggio con percezione da parte di più persone ed in tale situazione, secondo i principi generali del diritto penale, deve ritenersi integrata l’ipotesi del tentativo, in quanto il Pinto con l’apertura del sito e l’inserimento delle notizie e messaggi di cui si è detto realizzò una condotta idonea tecnicamente ( il sito era attivo e visitabile per come risulta dall’attività svolta dall’ispettore Pacinelli ) e volta in modo non equivoco a diffonderli nel quadro della sua “battaglia” da tempo iniziata nei confronti della banca.

Ne va quindi affermata la penale responsabilità sotto tale profilo. Al prevenuto, data la mancanza di precedenti significativi, e le ragioni che lo indussero alla condotta delittuosa comunque riconducibili alla convinzione di essere vittima di grave ingiustizia da parte dell’istituto di credito, possono essere concesse le attenuanti generiche, stimandosi di giustizia infliggere la pena di Euro 100 di multa (p.b. Euro 150 di multa, ridotta per le attenuante generiche, non essendo necessario effettuare alcun giudizio di valenza non risultando formalmente contestata alcuna aggravante ).

P.Q.M.

Visti gli artt. 533, 535 cpp ; Dichiara Pinto Riccardo colpevole del delitto lui ascritto , diversamente qualificato sub artt 56, 595 cp e, concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di Euro 100 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.

GIULIANOVA LI 30 GENNAIO 2002

DEPOSITATO in CANCELLERIA 06/02/02

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