Una modifica al Codice dei dati personali allunga i tempi della ricerca scientifica e accorcia la vita dei malati

L’articolo 28 della Legge 20 novembre 2017, n. 167 Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2017. (17G00180) (GU n.277 del 27-11-2017 ) inserisce nel Codice dei dati personali questa norma:

«Art. 110-bis. (Riutilizzo dei dati per finalita’ di ricerca scientifica o per scopi statistici).
– 1. Nell’ambito delle finalita’di ricerca scientifica ovvero per scopi statistici puo’ essere autorizzato dal Garante il riutilizzo dei dati, anche sensibili, ad esclusione di quelli genetici, a condizione che siano adottate forme preventive di minimizzazione e di anonimizzazione dei dati ritenute idonee a tutela degli interessati.

I principi fissati dalla norma sono:

  • i dati genetici raccolti nell’ambito di un progetto di ricerca non possono essere riutilizzati in altri progetti,
  • gli altri dati clinici possono essere riutilizzati solo in modo anonimo.

Questa norma mette sotto il controllo del Garante dei dati personali l’intera ricerca scientifica, ostacolando senza alcuna logica l’attività dei ricercatori che studiano le malattie genetiche.

Questo è un altro passo verso la condanna a morte di quelle persone la cui sopravvivenza è affidata soltanto alla velocità con la quale gli scienziati possono trovare una cura per il loro male.

Vorrei conoscere chi si porterà questa responsabilità sulla coscienza… semmai ne avesse una.

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